Il suono della pietra in una terra che non ride

La pietra è dura, il suono è forte. E la terra?
La scena è semplice. Sul palco un pianoforte, uno sgabello e due microfoni. Le parole protagoniste, quelle della poesia civile sarda. Quelle di Romano Ruju, Benvenuto Lobina, Francesco Masala, Antonio Sini e Giovanni Dettori, che prendono vita dalle voci di Mario Faticoni e Rita Atzeri e dalle note di Salvatore Spano. Parole dure come la pietra, penetranti come il suono, raccontano e ricordano la disgregazione economica, sociale e ambientale, le ferite inferte all’isola nel corso dei secoli. Lo spiegano bene le parole di Romano Ruju interpretate egregiamente da Mario Faticoni “Oggi i suoni hanno rombi di yachts sulle coste dorate dell’Aga Khan hanno colore di catrame sulle spiagge dei sardi e sapore di fumo macilento sopra le ciminiere e rantoli di pesci moribondi in riva ai fiumi”. Parole di straordinaria attualità.
La voce profonda e drammatica di Mario Faticoni si alterna a quella morbida, dolente di Rita Atzeri che esprime l’indignazione rievocando una voce quella “siddàd’ ‘e su prantu… serregàda, sa osg’ ‘e s’aradori ferenau… cun i sa osgi de feminas tribulliadasa totu sa vida estìa de nieddu… ‘e su trenu che sìghid’a ancora a ndì pigai sa mellu’ gioventudi… ecun su prantu… de is pioppus arrutus cun ‘i folla’ bianca, frima’, fridas…” L’intesa tra i due attori è forte e evidente. Introiettano i sentimenti, i ritmi rotti e armoniosi per restituirli al pubblico in un’atmosfera ipnotica, coinvolgente che quasi si ha pudore a respirare. In questa sinergia si accorda bene l’intervento musicale di Salvatore Spano, che con grande maestria e rispetto della parola si inserisce come supporto, ma non come sottofondo, destreggiandosi tra ritmi a volte più lievi, altre più cupi fino a schiaffeggiare col dorso della mano i tasti del pianoforte. La musica diventa così estensione della parola.
Lo spettacolo, “Suono di pietra” nato col nome “La terra che non ride” ideato da Mario Faticoni nel 1982, primo spettacolo de Il crogiuolo, è stato riproposto dalla compagnia per la programmazione estiva a Casa Saddi. Qualcuno potrebbe dire “È roba già vista” e in effetti, non è una novità. Tra gli anni ’80 e i ’90 lo spettacolo conta più di duecento recite. Quello che però spesso non si tiene in considerazione è che le generazioni cambiano, che chi ha visto ha visto, ma c’è anche chi non ha visto, non conosce, non sa. Questo spettacolo ci ricorda che abbiamo avuto in Sardegna poeti straordinari.

La pietra è dura, il suono è forte. E la terra? Sterile.

Se il crogiuolo ha un grande merito è che da sempre pensa a coloro che verranno.

 di Simona Loddo

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